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Ma Rowena si vantava sempre dei suoi capelli lunghi e biondi, que-
sta ragazza invece aveva i capelli biondi come i suoi, ma tagliati a
spazzola: corti, anzi cortissimi. E non sembrava Rowena. No dav-
vero. Non da vicino. Rowena ha gli occhi azzurri. Questa ragazza
li aveva castani. Era una tipa qualsiasi con un cappotto marrone
che guardava i cuccioli nella vetrina di un negozio di animali. Mi
ritrassi. «Scusa» bofonchiai. «Credevo fossi un’altra persona.»
Lei mi guardava come se fossi appena sbucato fuori dalle fo-
gne con una maschera da hockey sul viso e una motosega in
mano. Non rispose.
«Guarda, mi spiace davvero» insistetti. «Ho sbagliato. Va bene?»
Lei annuì senza dire una parola e si allontanò. Mi ero smarrito nel
centro di Greenville. Mi ero separato dagli altri due membri della
mia unità. Mi ero arreso all’evidenza di non essere cambiato. Mi
ero giocato l’esame di Educazione Civica.
Mi era rimasta una sola cosa da fare, e la feci. Mi tolsi la scarpa.
All’interno, sotto la soletta, c’era una banconota da cinque dol-
lari piegata. Mia madre me la fa tenere lì per le emergenze. Presi
i cinque dollari, mi rimisi la scarpa, cambiai i soldi e salii su un au-
tobus per tornarmene a casa, rimuginando sulle spiegazioni che
avrei dato al professor Dimas, a Rowena, persino a Ted, e augu-
randomi di avere un qualche colpo di fortuna nelle dodici ore
successive, tipo contrarre una malattia contagiosa da costringerli
ad allontanarmi dalla scuola per almeno un paio di trimestri…
Sapevo che i miei guai non sarebbero finiti una volta arrivato a
casa.
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